Sono moltissimi i motivi per i quali il Salento è tanto decantato ormai a livello internazionale. Tra questi, oltre al mare, alle spiagge e al barocco che caratterizza molti dei suoi borghi, c'è il patrimonio archeologico.

Non tutti sono a conoscenza di quante siano le tracce preistoriche nel Salento. Basti pensare, ad esempio, ai ritrovamenti di tracce dell'Homo Sapiens a Porto Selvaggio nella Grotta del Cavallo oppure alle Veneri di Parabita, rinvenute in una grotta dell'omonimo borgo salentino.

La ricchezza archeologica di Parabita

Parabita è un piccolo borgo a circa 36 km da Lecce, noto sin dal II a.C. e dominato dai Romani fino al 470. Molte furono poi le nobili famiglie che si susseguirono nel dominare la cittadina, dagli Orsini Del Balzo fino ai Sanseverino e ai Castriota. Questi ultimi, nel 1540, ordinarono la costruzione del Castello, simbolo di Parabita con la sua elegante struttura quadrangolare e le quattro torri angolari.

Parabita è famosa soprattutto per le piccole e longilinee sculture delle Veneri, ritrovate nel 1965 da Giuseppe Piscopo in una piccola grotta. Oggi chiusa da una grata, questa grotta si trova precisamente in località Monaci. Essa sorge nel cuore di un Parco Archeologico dove, negli anni 80, sono stati scoperti i resti di un antichissimo villaggio risalente a 3000-5000 anni fa. Parliamo, dunque, di piena Età del Bronzo. Oggi si possono solo scorgere dei fori praticati nel terreno roccioso, dove si presume venissero eretti i pali per costruire le capanne.

Le Veneri di Parabita sono due e risalgono probabilmente a 20.000 anni fa, all'incirca tra il Paleolitico Superiore e l'età Neolitica. Le loro fattezze, con fondoschiena e ventre pronunciati, fanno presupporre siano state realizzate come simbolo di fertilità e prosperità.

L'origine delle Veneri di Parabita e dove vederle

La prima statuetta è alta circa 9 cm, mentre l'altra poco più di 6 cm. Sono entrambe realizzate in osso (probabilmente di un grosso erbivoro come il Bos primigenius o l'Equus caballus).

La Venere più grande presenta fattezze più realistiche. Ma entrambe mostrano una sorta di velo attorno al volto o forse una particolare acconciatura. Le braccia, invece, sono state realizzate nell'atto di reggersi o toccarsi il ventre, quasi a rappresentare donne incinte.

La Venere più grande presenta un forellino che fa pensare fosse un oggetto puramente decorativo, mentre la più piccola sembra essere un utensile finemente lavorato.

I tratti stilistici delle Veneri di Parabita rimandano alle sculture che sono state rinvenute in Ucraina a Avdejevo e in Russia nel bacino del Don.

Per ammirare da vicino queste preziosissime e affascinanti sculture preistoriche, bisogna raggiungere il MART di Taranto. Si tratta di un importante museo che approfondisce la storia più antica dell'Italia del sud, dal V millennio a.C. al Medioevo. Le Veneri di Parabita sono custodite nel museo tarantino, tra altri reperti archeologici di grande valore, tra i quali spiccano gli Ori di Taranto.

Calchi delle Veneri di Parabita sono presenti poi a Lecce, al "Museo Sigismondo Castromediano" e al MUSA, ma anche presso il "Museo Civico di Paleontologia e Paletnologia Decio de Lorentiis" di Maglie.

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