Nel suggestivo paesaggio salentino, tra Sant’Eufemia e Alessano, si cela un sito di straordinario valore storico e artistico: la Cripta del Gonfalone. Questo luogo, avvolto nel mistero, si distingue per la presenza di un campanile a vela e alcune strutture murarie che emergono tra le antiche vestigia di un passato ancora tutto da decifrare.
Le origini di questo ambiente ipogeo restano incerte. Alcuni studiosi propongono una datazione compresa tra l’VIII e l’XI secolo, ma senza prove concrete a sostegno di questa ipotesi. Tuttavia, un documento del 1615, scoperto nell’archivio vescovile di Ugento, attesta che la cripta era all’epoca dipendenza dell’abbazia di Santa Maria del Mito, smentendo teorie precedenti che la collegavano ad altri insediamenti monastici.
Architettura e simbolismo sacro
L’impianto della cripta si caratterizza per una pianta centrale, sostenuta da colonne e pilastri che scandiscono lo spazio con un ritmo armonioso. Il fulcro dell’ambiente è l’altare balaustrato, che ospita una raffigurazione della Madonna con Bambino, incorniciata da decorazioni vegetali seicentesche. L’elaborata cornice culmina in un timpano triangolare, chiaro segno di un intervento artistico successivo alla fase originaria della struttura.
Le pareti della cripta custodiscono un importante ciclo pittorico, testimone della profonda devozione che questo luogo ha ispirato nel corso dei secoli. Gli affreschi, realizzati principalmente nel XVI secolo, rappresentano figure di santi e scene sacre, ognuna delle quali racconta un frammento della storia spirituale della comunità locale.
Le immagini sacre: un viaggio nella pittura rinascimentale
Lungo la parete sud-ovest, emergono le figure di Santa Barbara e Santa Lucia, riconoscibili grazie ai loro attributi iconografici: la prima con la torre, simbolo del martirio subito, la seconda con un vassoio contenente gli occhi, allusione alla sua tragica vicenda. Tra le opere più affascinanti spicca la Dormitio Virginis, o Koimesis, scena di evidente influenza bizantina.
Questo affresco, inizialmente scambiato per una rappresentazione della morte di San Bonaventura, raffigura invece il momento in cui la Vergine giace su un catafalco bianco, circondata dagli apostoli. Un particolare di grande rilievo iconografico è la presenza dell’angelo che recide le mani al sacerdote ebreo Ruben, colto nell’atto di tentare di rovesciare il giaciglio della Madonna. Sopra la scena, il Cristo sorregge l’anima della Vergine, raffigurata come un eidolon, elemento ricorrente nella tradizione bizantina.
Sul lato opposto della cripta, compare la figura di Santa Maria Maddalena, con il tradizionale cofanetto di mirra. In una nicchia dietro l’altare, sono raffigurate le scene della Passione di Cristo, tra cui la Salita al Calvario e una toccante Crocifissione, in cui la Vergine e San Giovanni Evangelista si stagliano ai lati della croce. Lo sfondo mostra una città turrita, dettaglio che aggiunge profondità alla composizione, mentre il soffitto è decorato con stelle a otto punte, motivo diffuso nell’arte sacra dell’epoca.
Un particolare di grande interesse è la scoperta di uno strato pittorico più antico, emerso sotto la Crocifissione. Il distacco della pellicola pittorica cinquecentesca ha rivelato tracce di un affresco bizantino, probabilmente risalente al XIII secolo. Un’ulteriore testimonianza della prima fase decorativa è visibile accanto all’uscita nord-est, dove un piccolo frammento pittorico mostra una figura con nimbo perlinato, che potrebbe rappresentare un Cristo Pantocratore.
Una cripta funeraria o un luogo di culto?
L’analisi delle decorazioni e delle strutture architettoniche suggerisce che la cripta potrebbe essere stata utilizzata come luogo di sepoltura, piuttosto che come insediamento monastico. La presenza di un livello pittorico più antico, combinata con il ritrovamento di frammenti di affreschi sotto la Crocifissione, fa ipotizzare la presenza di una tomba nascosta, forse appartenente a un personaggio di spicco della comunità locale.
Nel corso del tempo, il sito ha subito diverse trasformazioni. La prima fase decorativa, di matrice bizantina, è riconducibile al XIII secolo. Successivamente, nel Quattrocento, la cripta venne arricchita con nuovi affreschi, commissionati probabilmente da famiglie nobili del territorio. A conferma di questa ipotesi, si trova all’ingresso un blasone della famiglia Pendinelli, antica casata salentina.
Nel XVI secolo, la cripta subì un’ulteriore fase di decorazione, con l’aggiunta di nuove pitture murali. Alcuni dettagli stilistici rivelano affinità con gli affreschi della cappella di Santa Caterina nella chiesa dei Francescani Neri di Specchia, datati al 1525. Questo suggerisce che a lavorare alla decorazione della cripta possa essere stato lo stesso artista o, quantomeno, un maestro appartenente alla stessa scuola pittorica.
L’ultima trasformazione significativa si colloca nel Seicento, periodo in cui venne realizzato l’altare con l’icona della Madonna con Bambino e furono apportate modifiche all’architettura esterna della cripta.
Un patrimonio da preservare e riscoprire
La Cripta del Gonfalone di Sant’Eufemia è una testimonianza preziosa della storia del Salento, ma molti dei suoi segreti restano ancora nascosti sotto strati di polvere e intonaco. Un restauro accurato potrebbe restituire nuova luce ai dettagli pittorici meno visibili, permettendo di comprendere meglio l’evoluzione del sito e il ruolo che ha avuto nel corso dei secoli.
Visitare questo luogo significa immergersi in un’atmosfera sospesa nel tempo, tra affreschi di straordinaria bellezza e misteri ancora da svelare. Un tesoro sotterraneo che racconta, attraverso i suoi dipinti, la fede, la devozione e l’arte che hanno caratterizzato il cuore del Salento per secoli.