La Città Vecchia di Taranto non è un semplice centro storico, ma un mondo a sé, scolpito nel tempo e nell’acqua. Sorge su un piccolo promontorio circondato dal Mar Grande e dal Mar Piccolo, collegato alla terraferma solo da due ponti. Questa posizione strategica ha reso Taranto un crocevia di popoli e culture fin dall’antichità, trasformandola in una delle colonie più potenti della Magna Grecia.
Le sue origini ufficiali risalgono al 706 a.C., quando un gruppo di esuli spartani, noti come partheni, giunse sulle coste pugliesi e fondò un insediamento. Ma la storia della città inizia ben prima: popolazioni iapigi abitavano già l’area secoli prima dell’arrivo dei Greci, lasciando tracce di una civiltà misteriosa e affascinante.
Grazie alla sua flotta e al commercio, Taranto divenne una delle città più influenti dell’Adriatico, ma il suo splendore si affievolì con la conquista romana nel 272 a.C.. Da allora, la città subì una serie di dominazioni che ne cambiarono più volte il volto, senza però cancellarne l’anima.
Distruzione e rinascita: l’impronta bizantina
Uno degli episodi più devastanti della sua storia avvenne nel 927 d.C., quando i Saraceni la rasero al suolo. Per risollevarla, l’imperatore Niceforo Foca inviò architetti e artigiani greci, che ricostruirono il borgo con una nuova visione urbanistica. L’abitato assunse un aspetto più compatto, con vicoli strettissimi e edifici addossati l’uno all’altro.
Le strette vie della Città Vecchia non erano solo il risultato di uno spazio ridotto, ma una precisa strategia difensiva. In caso di attacco, i nemici avrebbero avuto difficoltà a muoversi, mentre gli abitanti potevano facilmente colpirli dall’alto, versando olio bollente o pietre.
Dopo la ricostruzione, molti dei maestri bizantini rimasero a Taranto, attratti dalla vivacità della città e dalla bellezza delle donne tarantine. Questa fusione culturale lasciò un’impronta indelebile sulla lingua e sulle tradizioni locali, rendendo Taranto un unicum nel panorama italiano.
Un dialetto che racconta il passato
Passeggiando per la Città Vecchia, non è raro sentire espressioni che sembrano appartenere a un’altra epoca. Il dialetto tarantino conserva parole di origine greca, eredità diretta delle dominazioni passate. Termini come babbione (vecchio), citro (bambino), paturnia (malumore), vastàse (maleducato) e vummìle (barattolo) sono testimonianze viventi di un passato che non è mai scomparso.
Questo patrimonio linguistico non è solo una curiosità, ma un simbolo dell’identità tarantina. Ogni parola racconta una storia, ogni espressione è un ponte tra epoche diverse, che convivono ancora oggi tra le mura di questo borgo senza tempo.
Vita quotidiana nella città vecchia: tra nobili, pescatori e artigiani
Per secoli, la Città Vecchia è stata il cuore pulsante della vita tarantina. Qui convivevano pescatori, artigiani, nobili e religiosi, un microcosmo variegato in cui tradizioni e mestieri si intrecciavano in un equilibrio perfetto.
I pescatori erano i veri protagonisti delle giornate. Grazie alla posizione sul mare, Taranto ha sempre vissuto di pesca, in particolare di cozze, che ancora oggi sono un’eccellenza locale. Gli artigiani, invece, popolavano le strette vie con le loro botteghe, producendo ceramiche, tessuti e oggetti in metallo.
Le famiglie nobili abitavano i palazzi signorili, ancora visibili tra i vicoli, mentre la vita religiosa si concentrava nelle numerose chiese bizantine e nelle cappelle nascoste, alcune delle quali risalgono a più di mille anni fa.
Declino e speranze di rinascita
A partire dall’Ottocento, con l’espansione del borgo umbertino e la costruzione dell’arsenale militare, la Città Vecchia iniziò a svuotarsi. Molti abitanti si trasferirono nelle nuove zone della città, lasciando il centro storico in uno stato di progressivo abbandono.
Negli anni ‘50, il borgo venne associato a degrado e criminalità, e molte delle sue bellezze architettoniche furono lasciate all’incuria. Gli edifici caddero in rovina, i vicoli un tempo affollati si trasformarono in strade dimenticate.
Dal 2018, si parla di progetti di riqualificazione, con l’obiettivo di riportare alla luce la pavimentazione originaria, eliminando l’asfalto che ricopre le antiche basole in pietra. Tuttavia, al 2023, gran parte di queste iniziative è ancora ferma, lasciando il destino della Città Vecchia in sospeso tra passato e futuro.
Un tesoro nascosto da riscoprire
Nonostante il degrado e le difficoltà, la Città Vecchia di Taranto rimane uno dei luoghi più affascinanti d’Italia. Le sue strade raccontano storie di battaglie, conquiste e rinascite; i suoi palazzi e le sue chiese custodiscono segreti di secoli passati.
Oggi, chi sceglie di visitarla può immergersi in un’atmosfera senza tempo, tra scorci mozzafiato sul mare e vicoli che sembrano usciti da un’altra epoca. I turisti più curiosi possono scoprire le cripte nascoste, le piazzette segrete, i palazzi nobiliari con i loro cortili interni e le chiese decorate con affreschi medievali.
Con il giusto impegno e una visione lungimirante, questo angolo di Taranto potrebbe diventare un punto di riferimento per il turismo culturale, restituendo alla città il prestigio che merita. Il futuro della Città Vecchia dipende dalle scelte di oggi, ma una cosa è certa: il suo fascino è destinato a resistere al tempo.